Come abilitare la crescita aziendale
A inizio giugno si è svolto Hike Up CEO Summit, un evento riservato agli iscritti Hike Up CEO Roundtable e, su invito, a un piccolo gruppo di CEO selezionati.
L’evento quest’anno è stato organizzato in modo diverso dal solito, più simile a ciò che accade durante gli incontri all’interno dei gruppi CEO Roundtable, con una prima fase di spunti e riflessioni e una seconda fase fatta di brainstorming, confronto e azioni pratiche da implementare.
L’argomento su cui ci siamo focalizzati è stata l’efficacia personale, intesa come una serie di pratiche, spesso semplici e intuitive che permettono di ottenere risultati migliori e che, per chiunque ricopra una posizione apicale in azienda, di fatto abilitano la crescita dell’azienda stessa.
Lo abbiamo fatto attraverso il framework delle “7 habits” di Stephen R. Covey, che per me rappresenta una fonte importante di saggezza e guida, soprattutto nei momenti difficili.
Il primo spunto su cui Covey ci ha fatto riflettere è legato a ciò che di fatto determina i nostri risultati: il paradigma attraverso cui guardiamo il mondo. Esso dipende dalle informazioni che abbiamo a disposizione, dalle nostre esperienze e da ciò che ci hanno insegnato gli altri. E’ un punto di vista necessariamente limitato e mutevole della realtà, un po’ come una mappa è un’interpretazione del territorio.
Quello che vediamo arriva inoltre al nostro cervello attraverso delle specie di lenti che filtrano le informazioni e che sono i principi in cui crediamo (importante /non importante, giusto /non giusto).
Covey ci invita a riflettere: ciò che vediamo determina ciò che pensiamo e ciò che pensiamo determina ciò che facciamo e infine ciò che facciamo determina i nostri risultati.
Ma non finisce qui perché i nostri risultati in qualche modo alterano il nostro punto di vista, il nostro paradigma, allargando, modificando o restringendo il campo visivo.
Solo chi è in grado di riconoscere che i nostri pensieri sono frutto non della realtà, ma del nostro limitato paradigma, è in grado di guardare le situazioni dall’esterno, applicare veramente le 7 habits ed essere efficaci fino in fondo.
Abitudine 1 - Essere proattivi
Passiamo però alle famose abitudini: in questo articolo tratteremo solo le prime 3, mentre per le altre rimando al testo completo (o magari, se lo chiederete, a un futuro articolo).
La prima abitudine è “essere proattivi” che per Covey significa molto di più di attivarsi anche se nessuno ce lo chiede.
Essere proattivi significa essere consapevoli che in qualsiasi circostanza noi siamo in grado di scegliere le nostre reazioni e che abbiamo sempre l’opportunità di scegliere reazioni efficaci anche quando le abitudini che abbiamo “installate” nel cervello ci porterebbero a fare errori, per esempio guidati dalla rabbia o dal risentimento.
Essere proattivi significa quindi utilizzare la nostra libertà di scelta in ogni situazione, indipendentemente dal fatto che si abbia un controllo diretto o indiretto o non si abbia alcun controllo sulla situazione stessa.
Questo possiamo farlo attraverso 4 doti, prerogative uniche del genere umano: l’auto-consapevolezza, l’immaginazione, la coscienza e il libero arbitrio.
Concentrandoci sulle cose che possiamo influenzare attraverso l’esercizio di questi quattro doni, possiamo “decidere” di essere efficaci in ogni situazione.
Semplice, ma ovviamente non facile, soprattutto quando le situazioni in cui ci troviamo sono particolarmente sfidanti per il nostro corpo e/o per la nostra mente.
Però è possibile essere efficaci anche in queste situazioni, come dimostrano le vite di alcuni detenuti ebrei durante la seconda guerra mondiale o di alcuni malati terminali o mutilati anche ai tempi nostri.
Abitudine 2 - Iniziare con la fine in testa
Essere proattivi è la prima abitudine senza la quale non possiamo raggiungere alcuna efficacia. E’ quella che ci permette di muoverci e fare le cose.
Ma muoverci andando nella direzione sbagliata difficilmente potrà portarci ad ottenere risultati, soprattutto ad essere efficaci nel raggiungerli.
Per questo motivo Covey ci raccomanda prima di tutto di prenderci del tempo per pensare, e concordare se abbiamo a che fare con altre persone, come è fatta la nostra idea di risultato efficace di lungo periodo.
Ci invita a farlo per ciascun ruolo che siamo chiamati a ricoprire come persone e all’interno delle organizzazioni (famiglia, azienda o altro).
Nella pratica significa chiarire e scrivere (dettaglio importantissimo) la nostra visione attraverso 3 livelli: valori o principi guida, obiettivi di lungo periodo, e piani per raggiungere gli obiettivi.
Farlo ci aiuterà immensamente a compiere una serie di azioni concrete ed efficaci per arrivare dove vogliamo arrivare.
Ci aiuterà anche a capire cosa è importante e cosa non è importante.
Abitudine 3 - Mettere in ordine le priorità
Ed è proprio attraverso il concetto di importanza che Covey ci invita a riflettere sulla gestione del tempo. E come prima cosa ci dice che il tempo non si gestisce, le priorità sì.
In sostanza Covey sostiene che per essere efficaci dobbiamo concentrarci quanto più possibile sulle attività importanti e non urgenti, quelle che tipicamente determinano in larga parte il nostro futuro. Come la pianificazione, la costruzione di relazioni, la crescita personale, etc.
Ovviamente non possiamo trascurare le attività importanti e urgenti (emergenze, crisi, etc.) ma focalizzarsi su ciò che è importante significa soprattutto dire di no alle cose che sono poco importanti, indipendentemente dal fatto che siano urgenti o meno.
Su questa abitudine ho già scritto un articolo dal titolo “Gestione del tempo (o delle priorità?)” pertanto non mi dilungo ulteriormente e rimando alla sua lettura.
Quello che è fondamentale è essere consapevoli delle scelte che compiamo e dedicare un piccolo spazio a pianificare il nostro tempo secondo questo paradigma e non in base agli eventi come siamo naturalmente portati a fare.
Tanta carne al fuoco: attenti a non bruciarla
Come dicevo all’inizio le 7 habits di Covey sono un pozzo di saggezza profondissimo e pressoché inesauribile. Ciascuno può attingere spunti e azioni concrete diverse in base alla situazione in cui si trova.
Ogni abitudine porta con sé tante azioni e tante conseguenze, troppe per essere governate tutte insieme.
Il mio consiglio è focalizzarsi su poche cose in cui abbiamo bisogno di migliorare e come primo passo è quindi importante fermarsi per un attimo e imparare ad ascoltare noi stessi, riconoscere i nostri paradigmi, chiarire i nostri principi e assicurarci attraverso delle pratiche quotidiane (le abitudini) di agire sulla base di queste consapevolezze.
Per quanto mi riguarda si tratta di un viaggio continuo che non termina mai e che a ogni tappa svela possibilità nuove e inesplorate.
Spero che questo breve articolo ti sia stato utile. Per approfondimenti o per un commento non esitare a scrivermi a raffaele@hikeupceoroundtable.com!